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Recensione |
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Federico Pagani, in Arte An Harbor, alla prima release discografica dopo l'esperienza di Xfactor 2014. “May” si colloca nel punto in cui la distinzione tra il mainstream e l’indipendente, tra ciò che è pop da radio e ciò che non lo è, non ha più alcun significato.
Quella zona da cui gruppi come i Kings Of Leon hanno iniziato a tirare fuori i singoloni. Contaminazione resta la parola d’ordine, senza paura di esplorare territori lontani dalle proprie radici. “May” è tutto questo, rabbia, leggerezza, sicurezza delle proprie capacità ma anche curiosità, tenuti insieme dall’innato gusto di Federico. Che ha fatto la maggior parte del lavoro da solo, con qualche aiuto importante: Cristiano Sanzeri alla produzione, Pietro Beltrami ai piani acustici e synth e Federico Merli alle batterie |
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