|
Recensione |
|
|
|
Oggi vive nella cittadina tedesca di Wiesbaden, ma Aeham Ahmad è un rifugiato politico e come molti rifugiati ha alle spalle una storia difficile iniziata a Yarmouk, campo profughi palestinese alla periferia di Damasco. È lì che il giovane pianista siriano, classe 1988, è cresciuto. È lì che si è avvicinato alla musica classica, arrivando a diplomarsi al Conservatorio. È lì che ha conosciuto la violenza della guerra e ha reagito, portando il suo pianoforte per le strade, tra le macerie, e suonando le sue composizioni, cantando anche, facendosi accompagnare dal padre al violino, elevando la musica ad arma contro il terrore. Lo ha fatto fino a due anni fa; poi, un giorno, i miliziani dell’Isis hanno incendiato il suo amato strumento musicale e non solo: hanno ammazzato un bambino che stava assistendo alla sua esibizione.. In quel momento Ahmad ha deciso di andarsene percorrendo la rotta balcanica, come migliaia di altri migranti. Un giornalista tedesco gli ha spedito il denaro per il viaggio. Oggi vive a circa trenta chilometri da Francoforte. I video dei suoi concerti nel campo di Yarmouk hanno fatto il giro del mondo. La sua vita è cambiata, lui è un’altra persona, è un pianista di professione. Questo il suo primo disco, Music For Hope, una ventina di tracce che raccontano il dramma della guerra in Siria fondendo la musica classica con il canto arabo. Dallo scorso Novembre ha suonato a Parma, Bari , Roma, Mestre, Taranto, Firenze ed Aosta |
|
|
|